L'attesa dell'amore...

... è la sua ricerca

Nessuno invocava il tuo nome,
nessuno si risvegliava per stringersi a te;
perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto,
ci avevi messo in balìa della nostra iniquità.

Ma, Signore, tu sei nostro padre;
noi siamo argilla e tu colui che ci plasma,
tutti noi siamo opera delle tue mani
”.

Così canta Isaia nel bel brano che accompagna il vangelo di oggi.

Oggi, 1° Domenica di Avvento.

Ti aspettiamo Gesù, proprio a te.

Gesù di Nazareth, tu, il carpentiere, il figlio di Maria di Nazareth, quello crocifisso sotto Ponzio Pilato in nome di Cesare e quando c’era Tiberio a far Cesare su tutto quell’impero conquistato.

Aspettiamo te, “quel” Gesù, che torni nella Gloria di D**, Potente Amore, Immenso Bene, Assoluto Vivente, questo Dio che solo tu, Gesù ci fai conoscere come Padre, Genitore affettuoso. Ti aspettiamo con fiducia, con felice abbandono al tuo amore, amore di fratello, di fidanzato, di amante, di sposo. Amore di D**.

Aspettiamo che tu torni a liberarci da ogni male e, sopratutto, dai mali che noi stesse ci facciamo.
Ascoltiamo il tuo Vangelo

Mc 13, 33-37

“Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!
».”.

Il tema è semplice.
Il Padrone va via e dice che torna. Quindi occorre credergli e pensare che può tornare da un momento all’altro. Bisogna essergli fedeli e vegliare.

Questo brano è la conclusione del capitolo 13 di Marco (siamo passati a Marco, il nuovo anno liturgico segue il Vangelo di Marco) ed è immediatamente preceduto da tre tue frasi famosissime.

Al versetto 30: In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga.

Al versetto 31: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Al versetto 32: Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.

Non passerà questa generazione…

Questo luogo del Vangelo di Marco è denso di difficoltà e, sembra, di tue promesse non mantenute.

Ma la liturgia, e la sapienza della Chiesa (che c’è ed è “magistrale” in tutti i sensi della parola “magistrale”) ci toglie i tre versetti dal 30 al 32 e ci lascia quelli dal 33 al trentasette.

Ora, questo capitolo 13 conclude la narrazione di Marco delle cose che hai detto e fatto qui tra noi. Poi, dal Capitolo 14 al capitolo 16 ci sono gli eventi della tua Passione e Risurrezione, Gesù. Quindi la descrizione dell’azione e del tuo ruolo di Maestro e di Parola di D** termina esattamente qui.

E questo Vangelo di Marco, che ripercorreremmo per tutto l’anno, termina esattamente con questa tua richiesta di veglia, che sembra molto urgente.

«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento»

«Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!»

Non sappiamo né il giorno né l’ora. Ma nessuno la sa: «né gli angeli nel cielo né il Figlio», questa è una cosa che sa soltanto D**, il Padre.

Quindi cosa significa questo «vegliate!» che tu, Gesù, ci dici con tanta urgenza?

La risposta più vera, sono convinto, dipende da ciascuno di noi. Cioè, dalla nostra “teologia”, come scrivono gli esegeti, quelli veri e illustri, della Bibbia e del Nuovo Testamento in particolare. Frase che significa soltanto che la nostra lettura e comprensione del vangelo – la mia lettura e comprensione del Vangelo – dipendono da come io che leggo questo vangelo, Gesù, “capisco e sento” D**, quel “Chi è” che tu, Gesù mio, chiami “Padre”.

Qui, Gesù mio, tento di comunicare che cosa tu hai fatto risuonare dentro di me davanti a questo Vangelo, che cosa hai fatto vibrato nella mia vita davanti a queste tue parole. Per sentire meglio mi rivolgoa Isaia. Che mi sembra molto più vicino a D** di me, e non per i miei peccati, ma perché Isaia riesce ad ascoltare. Io molto meno.

L’ho già citato, Gesù, in apertura.

Nessuno invocava il tuo nome,
nessuno si risvegliava per stringersi a te;
perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto,
ci avevi messo in balìa della nostra iniquità.

Ma, Signore, tu sei nostro padre;
noi siamo argilla e tu colui che ci plasma,
tutti noi siamo opera delle tue mani
”.

Ci sono tre cose che mi sembra di sentire davanti al tuo «Vegliate!», Gesù.

La prima è che dobbiamo essere consapevoli della lontananza di D**.

Certo, noi siamo argilla e D** è colui che ci plasma e non smette mai di plasmare questa materia ribelle che noi siamo. Però, insieme, è lontano, è partito e ci ha solo lasciato istruzioni di vegliare. Cioè D** riconosce la nostra libertà e dentro questa non interviene. Anzi. Ha aggiustato “il mondo”, tutto ciò che esiste, perché possa adattarsi alla nostra libertà. E noi, infatti, dominiamo il mondo e la natura e pure con interminabili ingiustizie e iniquità. D** non “gira la testa” e guarda da un’altra parte, come suggerisce Isaia, ma resta sempre con noi e ci aiuta comunque. Ma è lontano lo stesso. Non ci ferma davanti all’abisso del nostro male. Lascia che mettiamo persone africane in lager terribili di banditi libici e che sterminiamo la popolazione dello Yemen, e non interviene. È partito e ci ha lasciato i compiti e le cose da fare. Se noi facciamo ingiustizie non dobbiamo chiedere conto a D**, ma a noi stessi.

La seconda cosa è la nostra ignoranza del futuro. Noi non conosciamo il nostro futuro, non sappiamo che cosa accadrà.

Anche qui dobbiamo aver fiducia in te, Gesù – tu sei il Paraclito che ci difende davanti a D** e a noi stessi – e quindi dobbiamo aver fiducia in D** e nella sua azione, anche se, magari e facilmente, io non la capisco. Così in questo tuo «Vegliate!», Gesù, sento suonare l’avvertimento che non sappiamo che cosa succederà, e non sappiamo, quindi, la risposta di D** – che continua a plasmarci, l’abbiamo già detto, e che non rinuncia mai a noi, perché ci ama – alle nostre azioni. Risposta indiretta, fatta “da lontano”, perché D** rispetta la nostra libertà. Questa non conoscenza del futuro è personale e storica. Quanti di chi ha oltre sessant’anni quando ne aveva venti, circa 50 anni fa, avrebbero preannunciato quella macchina familiare che chiamiamo “smartphone” e, insieme, la “fine del socialismo reale”, come allora veniva chiamata l’esperienza comunista? A casa c’era un telefono nero, di plastica o bachelite, non so bene, con la ruota dei numeri bianca, era appeso al muro e tutti potevano sentire le tue conversazioni. A casa mamma, che aveva fatto azioni contro i comunisti, li aveva digeriti tra le figlie e i figli della sua famiglia.
Chi ha la mia età … no.
Non è “chi ha la mia età”, Gesù mio. Si tratta di chi è vivo.

Chi è vivo sa l’imprevedibilità dell’esperienza, la mia e quella del mondo attorno a me.
Non sappiamo né il giorno né l’ora. Dobbiamo vegliare.

La terza cosa è la fiducia in te, Gesù, la nostra fede nel tuo amore.

Anche qui, non è una esperienza straordinaria, ma è, anzi, cosa di tutti i giorni. Io ho fiducia nell’amore di molte persone che stanno attorno a me, e so che non mi abbandoneranno. L’imprevedibilità del futuro, il non sapere né il giorno né l’ora, non annullano che io sono convinto che c’è chi mi ama e io posso contare su questo amore. E lo stesso vale per me. A molta maggior ragione questo vale per il tuo amore verso di me, Gesù.
Ma l’amore di una persona lo vedo e lo tocco! Quello di Gesù, no.

Sicuri? Questi obbiettori dovrebbero fare attenzione che tra i servi e il padrone della tua metafora, Gesù, e noi vivi ora con le persone che ci amano, che dicono di amarci così come noi lo diciamo a loro, c’è esattamente la stessa relazione.

Io ho amato Sebastiana e Sebastiana ha amato me. Abbiamo fatto cose insieme e separatamente. Lei mi ha cambiato e io l’ho cambiata. Quando ho avuto bisogno lei c’è stata ed io c’ero, quando lei ha avuto bisogno di me.
Come
ho fatto a sapere che Sebastiana mi amava? Non lo sapevo. Sono andato a tentoni ma imparai ad avere fiducia in lei e a cercare dei segni, degli avvertimenti, che mi hanno detto del suo amore per me. La stessa cosa è quella che ci chiedi tu, Gesù.

Fidarci del suo amore e pensare che tu stai tornando. Non “che tornerai” in un futuro lontano di cui nulla mi importa perché, tanto, “noi non ci saremo”.

Che tu, Gesù, stai tornando, che sei lo Sposo che arriva, finalmente, e arriva a darci gioia.

Oggi, qui e ora.

Per questo, Gesù amore mio, intendo vegliare, finché ne avrò la forza e la capacità, e che tu torni insieme all’Amore Potente che ti ama.

Almeno io sarò pronto. E non solo io, lo so.


Ciao r


 

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