Le priorità dell'amore...

... sono la Presenza di D**.


Diciamo la verità, Gesù, è dura.

«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì...»

Il regno dei cieli, e non D** che tu chiami Padre, e noi Genitore e Santità Altissima.
Il regno dei cieli.

Il regno dei cieli, quindi, è ciò che rovescia e cambia le logiche del mondo umano, è quel luogo d'amore dove si è sempre in tempo per... e, perciò, dove non conta il lavoro che si è fatto, ma conta soltanto di essere stati chiamati a farlo.

Sembra la famosa "predestinazione" (troverai la tua strada, quella che D** ti chiede di fare, anche se ti sei perduto e non sai dove stai andando; anzi, è la condizione migliore).

Eppure non mi sembra così. Se non altro perché in piazza bisogna andarci, ma poi, comunque, bisogna pure andare a lavorare, anche se per poco.
Perchè il tempo a noi sembra poco, ma per D** Padre e Genitore ce n'è sempre abbastanza; purchè si scelga di lasciarlo fare, purché si lasci la propria vita fino a quel punto sprecata nelle Sue mani: di Chi sa come fare per fare di me, anche di me!, una cosa meravigliosa.

Pare si chiami "fede", Gesù mio, ed è una parola difficile e dura. È Parola tua. Ed è nostra.

Ascoltiamoti.

«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi
».

Lo sai e ti diverte, e sempre ti divertirà, Gesù.

Non riusciamo a non pensare che i lavoratori della prima ora hanno ragione.

E che caspita! Sono lì dall'inizio, hanno lavorato bene, magari non tutti ma la maggior parte sì, di sono presi il sole e la fatica e tu gli dai lo stesso. Certo, hai ragione, avevano concordato per un denaro e loro mica avevano messo limiti alla volontà del padrone: "Però non prendi nessun altro, e se ne prendi li paghi di meno di quanto paghi a noi".
Il padrone poteva chiamare chi voleva e così ha fatto.

Eppure abbiamo torto.

Perché?

Perché noi badiamo al profitto e invece non è il profitto, nè il tuo nè il nostro, il punto di vista del Padrone.

La vita non ci paga a ore, o a quantità di lavoro svolto.

La vita non ci ricompensa per quel che è stata la nostra produttività.

La vita non fa i conti con il mio guadagno o con quello del mio padrone.

La vita è libera e agisce liberamente. Per amore. Per vita, se vuoi, Gesù.

Credo, sento suonare dentro di me, la campana della felicità.
Il tema è la felicità. Quello che il padrone della tua parabola regala non è solo un denaro, paga eccessiva per un'ora di lavoro visto che un denaro è il salario di una giornata di lavoro; ciò che quel tuo padrone regala è la felicità di chi è stato escluso dal lavoro.

Tendiamo a dimenticare la durezza del sistema di lavoro con la "chiamata in piazza".
I lavoratori stanno in piazza prima dell'alba e il padrone li sceglie. Chi non è scelto è escluso e, quel giorno, non ha da mangiare e non porta cibo alla sua famiglia. La sua esclusione è radicale. Anche perché se sei stato escluso tutti tendono a darti la colpa della esclusione: sei pigro, rissoso, superbo, stupido, cattivo, sfaticato, furbo... oppure troppo preso dal senso di giustizia, troppo incarnato nella figura di chi si fa carico del problemi degli altri e, per questo, sei escluso.

Insomma, se non ti pigliano qualche ragione ci sarà, non sarà sempre colpa degli altri.

Ecco, Gesù, il padrone della tua parabola interviene più su questo meccanismo che sui soldi. Quel padrone di cui ci parli è convinto che nella piazza fuori da casa sua non ci devono essere persone infelici. Anche se, magari, è per colpa loro.

Chi è escluso è infelice perché è la sua dignità a essere messa in gioco, non sono solo i suoi redditi.

Gesù, tu ci parli del lavoro, ma il tema non è il lavoro, il tema è la vita e la felicità di partecipare alla vita.
Il regno dei cieli è quello in cui nessun vivente è escluso dalla felicità dell'amore, anche se può partecipare per poco, per un'ora soltanto. Perché il Padrone da del suo, sperpera la sua ricchezza, pur di vedere tutti felici, nella libertà e felicità dell'amore.

 Così dobbiamo pensare alla felicità e al nostro dovere di lavorare con te per dare a ciascuno la felicità che può ricevere, magari solo per un'ora, ma quella le prende come se avesse lavorato tutto il giorno.
La felicità e l'amore vanno sempre dati integralmente e non a ore di lavoro.
Perchè dobbiamo essere come tuo "Padre che è nei cieli", per costruire il regno dei cieli.
 

Amore, e amore gratuito e potente.

ciao r


 








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