La Pentecoste. La Vita e l'amore...

... sono doni tuoi, Gesù.




Bisogna ascoltarti, Gesù, perchè abbiamo bisogno di accogliere il tuo comando e la tua presenza come chi ha sete ha bisogno dell’acqua, come una donna in procinto di partorire ha bisogno dell’aiuto di sorelle e amiche.
Come noi abbiamo bisogno di te.
«Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».





Che strano comando, Gesù.
Noi (chi è arrivato dopo la generazione che ti ha conosciuto) da questa tua parola ci abbiamo tirato fuori l’autorità della Chiesa, che dalla comunità di chi ti ama è diventata in tre secoli una entità strana, stravagante di per sé, e a cui - troppo spesso - abbiamo riconosciuto concreti poteri – molto laici e secolari – di comando e di dominio sulle popolazioni, attribuendoli a un clero anch’esso molto “laico e secolare”, almeno in alcune parti notevoli delle sue storie.
Invece tu qui ci prometti lo Spirito Santo. Vale a dire ciò che ci riempie di D** e ci fa diventare come te, figliolanza e nascita da D**. Da ossa morte e sterili ci fa diventare carne viva e feconda.
Tu ci prometti e ci doni questo Spirito che ci riempie ma che, però, soffia dove vuole, come vuole e dove noi non sappiamo né da dove viene né dove va. Uno Spirito che abbiamo difficoltà a comprendere e descrivere.
Questo Spirito Santo che poi sei tu, Gesù di Nazareth, il Vivente in D** Padre, tu che ci ami – realmente e qui, ora, mentre scrivo.



Ma questo Spirito che prometti e annunci, che cos’è?
Non voglio capirlo. Voglio solo che scorra da me a chiunque è vicina a me e mi ascolta. Mi legge.
Non posso capire lo Spirito Santo. Posso solo aprire tutte le mie porte e finestre in modo che entri nella mia casa, rinnovi tutto ed esca fuori facilmente, come è entrato.
Allora devo rileggere il tuo annuncio e vedere perché sono spinto a quella frase di saluto e di ad-Dio con cui ci ami, ancora una volta e sempre.
Dobbiamo ascoltare questo tuo annuncio e questa tua promessa, ma sapendo che è fatta di dettagli, i quali vanno accolti a uno a uno, pur tenendo fermo ciò che mi ha colpito di questo brano di Giovanni.
Ascoltiamo.



Gv 20, 19-23
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».


La prima cosa che mi colpisce è che devi farti riconoscere.
Entri a porte chiuse e loro – i tuoi amici e le tue amiche, quelle persone che sono state con te ogni giorno per circa tre anni – sembrano non riconoscerti.
Infatti hai bisogno di “mostrare le mani e il fianco”, di far vedere i segni e le cicatrici della tua lotta per noi. Della tua sconfitta voluta e desiderata per la nostra vittoria.
Solo dopo che vedono i segni allora gioiscono.

Perché ogni volta ti dobbiamo riconoscere? E perché ti riconosciamo solo dai segni della tua sconfitta? È davvero così importante quella sconfitta?
Perché “solo” con quella sconfitta “hai vinto il mondo”?
Quante domande, Gesù, e come unica risposta il tuo amore. Allora rassegnamoci a non riconoscerti subito. Restiamo fermi a questo nostro bisogno di vedere i tuoi segni, le cicatrici del tuo amore per noi. Diventiamo capaci di imparare ad amare e aspettare con umiltà.

La seconda cosa è il saluto che ripeti due volte.
«Pace a voi!»
Ci dai la tua pace e poi ripeti il dono. Per far capire quanto è importante la tua pace.
Quella pace che arriva per farti riconoscere e che è ancora presente a precedere e ad accompagnare tutti i tuoi doni.
Senza la tua pace non possiamo accoglierti. Si tratta della premessa alla tua presenza d’amore in noi, allo Spirito che soffia e vince.
Premessa indispensabile.
Senza la pace che viene da te non possiamo stare con te e dividerti con le sorelle e i fratelli. La tua pace è la tavola dove ti mangiamo, l’altare dove ripetiamo e ricordiamo il tuo sacrificio.
La tua pace è l’unico edificio sacro di cui disponiamo: i nostri corpi che si predispongono ad accogliere il tuo, per farne parte.

La terza cosa è l’uguaglianza che fai tra te e noi.
«Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
Noi siamo mandati in giro a “tua immagine e somiglianza”, e siamo inviati a dire e raccontare quel Padre D** che tu ci hai descritto.
Sempre nella pace, nella tua pace. Se siamo in guerra non ti assomigliamo, non siamo la tua immagine e non raccontiamo la tua Parola.
Essere la tua immagine e somiglianza significa, quindi, fare come te. Imitarti, sapendo che tu sei “la via, la verità e la vita”. Significa ripeterti, inventarti e trovarti – vivo – dentro tutte le diversità delle nostre vite.
Significa farci guidare da te attraverso lo Spirito, grazie allo Spirito Santo.

E adesso c’è quel brano così duro e difficile.
Ascoltiamoti ancora.

«Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Ricevere lo Spirito santo significa “perdonare i peccati” e non sette volte, ma settanta volte sette volte e, ogni volta, ricominciando daccapo a perdonare.
Ricevere lo Spirito santo significa fare come il padre misericordioso (Lc 15,11-32) e perdonare solo perché vedi quello sciagurato di tuo figlio ritornare, e niente affatto perché è pentito. Perché di nulla è pentito, se non di essere povero.
Ricevere lo Spirito santo significa sapere (Mt 18,21-35) che ci sono stati condonati 10.000 talenti (una cifra stratosferica, mostruosa … ai prezzi dell’oro di oggi qualcosa come 34.000 miliardi di dollari) e noi – quindi – dobbiamo condonare i pochi denari (la paga di due giornate lavorativa di un lavoratore immigrato) che qualcuno ci deve.
Questo significa perdonare, per te, Gesù mio.
Significa andare oltre ogni conto di giustizia, perché non è la giustizia che ci compete. Ci compete solo l’amore, a iniziare da quello per chi ci odia e ci perseguita.

Ma la tua frase va molto oltre, perché lega terra e cielo al perdono. Al nostro perdono qui in terra.

«A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Noi dobbiamo perdonare tutti i peccatori contro di noi, perché noi peccatori contro D** – eterna bontà vivente – siamo stati perdonati.
E se non lo facciamo questo male che non perdoniamo resterà vivo anche in cielo, anche lì resterà non perdonato.



Non so che cosa questo significhi, Gesù mio.
Lo ignoro.
Solo ti prego di aiutarmi a diventare soltanto perdono, “solo” amore.

Come te.

Ciao r




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